Mercoledì 12 giugno: il tema di italiano.
Questa volta racconterò un’esperienza positiva! Finalmente
le tracce d’esame proposte erano veramente belle, perché il frutto di un lavoro collaborativo tra
le docenti.
Ma andiamo con ordine.
Il problema dei titoli dei temi si ripresentava ogni anno
sempre uguale: dovendo essere identiche per tutte le classi, le richieste erano
estremamente generiche e fluttuanti, per una duplice errata convinzione:
- tutti gli allievi
avrebbero potuto agganciare almeno una esperienza fatta con la propria classe
- anche chi non sa
mai cosa scrivere, con una richiesta tanto vasta, avrebbe sicuramente trovato
un argomento da esporre
Nella mia esperienza ho sempre constatato l’esatto
contrario: le richieste che vogliono comprendere tutte le esigenze di tante
classi tutte diverse, possono essere solo estremamente vaghe e poco
significative. Se un ragazzino non ha un percorso minimamente tracciato, si
perde: allora accade che anche i più “bravi”, di fronte al foglio bianco,
annaspino e scrivano una serie infinita di banalità, lontane mille miglia dai
loro pensieri.
Per tutti e tre gli anni si sentono dire che il tema deve
essere sì corretto, ma anche personale, originale, vissuto,…e poi si trovano
davanti richieste stereotipate: la guerra è brutta e vorresti la pace nel
mondo? Ti dispiace che ci siano persone povere? Ti piacerebbe realizzare i tuoi
sogni?
Mi sono chiesta spesso cosa scriverei io…..
Quest’anno, a settembre, un gruppetto di docenti di
terza ,ha deciso di scegliere alcuni temi comuni da sviluppare attraverso
letture, visioni di film, spettacoli teatrali,…. ciascuno in base alla
propria sensibilità , al proprio stile e al livello della propria classe.
Durante l’anno abbiamo anche partecipato a delle iniziative
insieme, unendo le classi, passando il materiale a chi non poteva esserci,
tenendoci continuamente informate sui tempi (oltre che sui contenuti) spesso
davanti al distributore del caffè!
Siamo arrivate alla fine dell’anno potendo proporre terne di
temi che affrontavano argomenti sui quali i ragazzi avevano lavorato e si erano
confrontati durante l’anno: chi sapeva scrivere, avrebbe potuto dare il meglio
e chi di solito arrancava avrebbe avuto almeno la possibilità di capire di cosa
si stava parlando!
Risultati: se togliamo le due punte estreme (quelli i cui
elaborati vorresti non finissero mai tanto sono belli e quelli i cui elaborati
vorresti non essere costretta a leggere…), la grandissima parte dei ragazzi ha
scritto delle belle pagine! Siamo state molto soddisfatte perché per la prima
volta quella prova d’esame ci è sembrata veramente il coronamento di un
percorso e non un inciampo obbligato.
Esperienza idilliaca? Lavoro in una scuola di
collaborazione?
No.
Però ho capito che non si può aspettare che tutti vogliano
condividere qualcosa: bisogna cominciare.
In questo caso ho girato a mio favore una pessima abitudine
molto diffusa : la mancanza di iniziativa e la comodità di lasciarsi
trasportare da un lavoro già strutturato da altri.
L’idea è partita da una persona.
Tre si sono date da fare.
Tutte le altre hanno seguito!
Anche nella mia esperienza i percorsi condivisi portano i frutti più solidi e meno superficiali. La pratica che hai descritto mi sembra ottima!
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