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pino

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venerdì 28 giugno 2013

anatomia di un esame / 2

Mercoledì 12 giugno: il tema di italiano.

Questa volta racconterò un’esperienza positiva! Finalmente le tracce d’esame proposte erano veramente belle, perché il frutto di un lavoro collaborativo tra le docenti.
Ma andiamo con ordine.

Il problema dei titoli dei temi si ripresentava ogni anno sempre uguale: dovendo essere identiche per tutte le classi, le richieste erano estremamente generiche e fluttuanti, per una duplice errata convinzione:
-       tutti gli allievi avrebbero potuto agganciare almeno una esperienza fatta con la propria classe
-    anche chi non sa mai cosa scrivere, con una richiesta tanto vasta, avrebbe sicuramente trovato un argomento da esporre

Nella mia esperienza ho sempre constatato l’esatto contrario: le richieste che vogliono comprendere tutte le esigenze di tante classi tutte diverse, possono essere solo estremamente vaghe e poco significative. Se un ragazzino non ha un percorso minimamente tracciato, si perde: allora accade che anche i più “bravi”, di fronte al foglio bianco, annaspino e scrivano una serie infinita di banalità, lontane mille miglia dai loro pensieri.
Per tutti e tre gli anni si sentono dire che il tema deve essere sì corretto, ma anche personale, originale, vissuto,…e poi si trovano davanti richieste stereotipate: la guerra è brutta e vorresti la pace nel mondo? Ti dispiace che ci siano persone povere? Ti piacerebbe realizzare i tuoi sogni?
Mi sono chiesta spesso cosa scriverei io…..

Quest’anno, a settembre, un gruppetto di docenti di terza ,ha deciso di scegliere alcuni temi comuni da sviluppare attraverso letture, visioni di film, spettacoli teatrali,….  ciascuno in base alla propria sensibilità , al proprio stile e al livello della propria classe.
Durante l’anno abbiamo anche partecipato a delle iniziative insieme, unendo le classi, passando il materiale a chi non poteva esserci, tenendoci continuamente informate sui tempi (oltre che sui contenuti) spesso davanti al distributore del caffè!

Siamo arrivate alla fine dell’anno potendo proporre terne di temi che affrontavano argomenti sui quali i ragazzi avevano lavorato e si erano confrontati durante l’anno: chi sapeva scrivere, avrebbe potuto dare il meglio e chi di solito arrancava avrebbe avuto almeno la possibilità di capire di cosa si stava parlando!

Risultati: se togliamo le due punte estreme (quelli i cui elaborati vorresti non finissero mai tanto sono belli e quelli i cui elaborati vorresti non essere costretta a leggere…), la grandissima parte dei ragazzi ha scritto delle belle pagine! Siamo state molto soddisfatte perché per la prima volta quella prova d’esame ci è sembrata veramente il coronamento di un percorso e non un inciampo obbligato.

Esperienza idilliaca? Lavoro in una scuola di collaborazione?
No.
Però ho capito che non si può aspettare che tutti vogliano condividere qualcosa: bisogna cominciare.
In questo caso ho girato a mio favore una pessima abitudine molto diffusa : la mancanza di iniziativa e la comodità di lasciarsi trasportare da un lavoro già strutturato da altri.
L’idea è partita da una persona.
Tre si sono date da fare.

Tutte le altre hanno seguito!


1 commento:

  1. Anche nella mia esperienza i percorsi condivisi portano i frutti più solidi e meno superficiali. La pratica che hai descritto mi sembra ottima!

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