Pagine

pino

pino

venerdì 14 giugno 2013

Trogloditi digitali

Ho sempre chiamato i  miei alunni “trogloditi digitali”.
Lo facevo sorridendo, come per prenderli in giro e loro hanno sempre accettato lo scherzo, pensando con sufficienza che alla fine ero io quella che magari ogni tanto si “incasinava” con qualche funzione del pc.
Io però, anche se con un po’ di affetto, li ho sempre considerati veramente dei trogloditi digitali.
Io non ho il profilo su fb: però so cos’è, come funziona, cosa significa e all’occorrenza sono stata in grado di operare alcuni interventi.
Io non ho la wii o l’xbox e non so giocare bene come fanno loro ai giochi di ruolo (fossi mai riuscita una volta a portare a termine una missione …): però decido io quando e se e a cosa giocare, non rinuncio alla mia vita e non dipendo da un computer.
Io non ho l’Iphone: ho un nokia che, al massimo, scatta delle pessime foto. Però riesco a parlare con chi mi è seduto vicino senza ricorrere a whatsapp…

Allora dobbiamo intenderci: cosa significa “nativi digitali”?
Per me vuol dire semplicemente che sono nati in un’epoca di aggeggi digitali.
Sollecitati fin da piccolissimi da una sequenza ininterrotta di immagini (non quelle dei libri per bambini, colorate, delicate, da impiastricciare con le mani...) che passano velocemente davanti ai loro occhi senza che vi si possano soffermare, sistemati davanti ai televisori con in grembo telecomandi più grandi delle loro manine, crescono in un video-mondo nel quale non ci si ferma mai.
Io li accolgo che hanno 11 anni: arrivano che sanno messaggiare, chattare, pubblicare foto e filmati…. Ma quando chiedo loro di mandarmi il riassunto via mail in un file di word, dilatano le pupille!
Allora, tornano ad essere dei ragazzi di 11 anni, con la differenza che oggi, per imparare le cose, hanno a disposizione strumenti più veloci, più accattivanti,…ma che devono comunque imparare a gestire usando l’intelligenza.
Qui ho trovato le maggiori difficoltà.
In questi giorni sto facendo gli esami ai ragazzi della mia classe: in tre anni hanno imparato alcune piccole cose di informatica . Una di queste è l’uso di Power point . La difficoltà maggiore  non è stata insegnare gli elementi tecnici, ma il lavoro di progettazione precedente! La prima presentazione ho lasciato che la facessero senza dare troppe indicazioni: ogni gruppo aveva una regione attraversata dal Danubio e avevano l’elenco degli argomenti da approfondire. Abbiamo guardato in classe tutte le presentazioni: del Danubio si vedeva poco o niente, perché le fotografie prese in internet erano ricoperte da milioni di informazioni copiate incollate da wikipedia (peraltro ovviamente illeggibili!); in compenso, per poter leggere il titolo di una slide impiegavamo dieci minuti, perché ogni singola letterina appariva da qualche parte, compiva mille acrobazie e poi si posava al suo posto!

Per concludere, nativi digitali oppure no, i ragazzi sono sempre gli stessi: a scuola vengono volentieri fino a che non ci si deve impegnare sul serio. Forse sarà così anche in futuro.
Quello che un insegnante può/deve fare è insegnare l’uso del pensiero, sia che abbiano davanti una pagina del Manzoni che uno schermo del computer….

P.S.
Un mio carissimo collega di Tecnica mi dice sempre: “Un laureato in filosofia, se necessario, potrà imparare ad aggiustare un tostapane; chi aggiusta solo tostapane, difficilmente prenderà una laurea in filosofia”. La prima volta che me l’ha detto, mi stavo arrabbiando! Poi ho capito…


5 commenti:

  1. Beh, come dice il Continental Op di Dashiell Hammett in "The Dain Curse":

    "Nessuno pensa chiaramente, per quanto la gente faccia finta. Pensare fa girar la testa" (1)

    Allora sì, si fa altro - si decorano i titoli. Facevano già così con matite su carta i miei compagni quando ero a scuola elementare - a me non riusciva nemmeno centrarli, i titoli, ma facevo ghirigori nei margini per non pensare.

    Però ogni tanto in mezzo a quell'evasione decorativa, páffete ti arrivava la comprensione. Forse per questo le decorazioni che facevano i monaci medievali nei titoli dei manoscritti si chiamano "illuminations" in inglese...


    (1) Per il resto (in inglese) di quello stupendo passo di Hammett cfr. la fine di questo post - anche tradurre fa girare la testa :D

    RispondiElimina
  2. All'atto pratico, però: Marina, il tuo post mi ha ricordato il tutorial divertente How to Avoid PowerPoint Poisoning di Art Wolinsky (2006).

    Purtroppo la presentazione è blindata dal copyright dell'avvocata Perry Aftab, che quanto a copyright è della scuola dell'Azzeccagarbugli manzoniano, e dal software proprietario usato (Breeze di Adobe). Quindi sarebbe difficile adattarla in italiano.

    Però in ogni diapositiva, cliccando sulla scheda "Comm." sotto la foto di Art Wolinsky, si apre la trascrizione del suo commento audio per quella diapositiva. E questa trascrizione si potrebbe tradurre.

    RispondiElimina
  3. La tua osservazione nasce ovviamente dalla pratica, i ragazzi tendono ad essere superficiali, ma non sempre, non quando si riesce ad incanalarsi dentro i loro linguaggi. La difficoltà è di accettare la fatica del pensiero: pensare stanca sia i ragazzi ma anche i docenti, tuttavia se è l'unico mezzo a nostra disposizione... :-)

    RispondiElimina